Space control

March-April 2007

Space control

March-April 2007

Christoph Draeger, Sabine Groß, Ellen Harvey, Harald Hermann, Jeroen Jacobs, Markus Keibel, Chris Larson, Lucas Lenglet, Jürgen Mayer H., Piotr Nathan, Warren Neidich, Giada Pucci, Jenny Rosemeyer, Susanne Weirich

IN COLLABORATION WITH
Magnus müller, Berlin

What exactly happens when we observe a work of art? In which extent are we influenced by space and in which degree are we able to control it?  What sorts of space do exist, what is it we perceive in the space, and how do we process our perceptions?

In the exhibition the perception of space is possible in different manners. First of all, there is the huge exhibition space, which is the aesthetic and optical frame of the artists’ installations. These installations, which refer one to another due to their subject matter, conflate to create an unique experience. Second, there is the space in the work of art itself.

Comunicato stampa

What exactly happens when we observe a work of art? In which extent are we influenced by space and in which degree are we able to control it?  What sorts of space do exist, what is it we perceive in the space, and how do we process our perceptions?

In the exhibition the perception of space is possible in different manners. First of all, there is the huge exhibition space, which is the aesthetic and optical frame of the artists’ installations. These installations, which refer one to another due to their subject matter, conflate to create an unique experience. Second, there is the space in the work of art itself, for instance the paintings by Ellen Harvey and Harald Hermann or the photographs by Sabine Gross and Jenny Rosemeyer, which play with two- and three-dimensionality and real and unreal space. Moreover, there are works of art, which the visitor has to circle around in orderto perceive the whole dimension of the object, such as the sculptures from Jeroen Jacobs or Lucas Lenglet. Real physical space is created. The same function can be attributed to Susanne Weirich’s huge video installation, in which the moving visitor becomes a part of the installation itself. In Jürgen Mayer H.’s glass work, the visitor becomes the place for projection of the reflected patterns, while circling the sculpture and breaking the light. In his shooting performance, Chris Larson sets physical space free, while symbolically opening his way with his shotgun. Furthermore, we show works of art which deal with the subject “space” as their content, for example Susanne Weirich’s video “Silent Playground”, in which the main actor moves in virtual space of a play station game. Or the borders between private and public space in the photograph of Warren Neidich. Markus Keibel’s glass works deal with the personal space, the “liberty”, and Piotr Nathan’s paintings suggest a very intimate, private room, too. In the video “The Scream”, Sabine Gross presents the restrictive space of human fear, the contrary of personal liberty. Finally, we have that kind of works which deal with the political controlled public space, for instance the ones from Christoph Draeger and Warren Neidich, and the site-specific intervention of Giada Pucci, almost undetectable, that shows hidden architectural structures.

s a consequence, the exhibition presents works of art, which produce or open space and works, which control or limitate space: The artists create virtual three-dimensional space (Sabine Gross, Jenny Rosemeyer, Ellen Harvey, Harald Hermann), imaginary space (Susanne Weirich, Markus Keibel, Piotr Nathan, Sabine Gross, Warren Neidich, Chris Larson), and concrete physical space (Jeroen Jacobs, Lucas Lenglet, Jürgen Mayer H., Giada Pucci).

It’s up to the visitor to discover and to enlarge his perception of possible imaginary and physical space.

magnus müller gallery was founded by Sönke Magnus Müller in 2001. He features international artists and presents conceptually based work in a variety of media: photography, painting, sculpture, video and installation.The gallery represents a number of well known Berlin based artists as Piotr Nathan, Jeroen Jacobs, Sabine Gross and Susanne Weirich. The position of Jürgen Mayer H., a young emerging Berlin architect and artist, who received the Mies van der Rohe-Award as an emerging architect in 2004, underlines the gallery’s interest in interdisciplinary art and architectural issues. magnus müller is interested in introducing the work of international artists to the Berlin audiences as Christoph Draeger, Luca Pancrazzi, Nikos Navridisor Ellen Harvey. These artists are well known from Biennials and important international exhibitions and are part of important corporate or museumcollections. The gallery program is completed by works of young Berlin based artists as the painter Harald Hermann, Markus Keibel with his glass installations, Jenny Rosemeyer with her photo collages and Lucas Lenglet with his large-sized installations.

Biographies

Sabine Groß usa elementi diversi, come video, suoni, luci e spazi, per cercare di spiegare il processo creativo. Per la natura stessa della percezione umana, l’opera d’arte è sempre una costruzione soggettiva e Groß, attraverso un processo di frammentazione e decostruzione delle superfici, si chiede quale ne sia il valore. Fino a che punto un’opera può essere considerata un “prodotto finito”? Riusciamo ad apprezzare il valore di eventuali adattamenti e modifiche all’opera stessa che nel frattempo è diventata storica?

Christoph Draeger indaga la natura imprevedibile di grandi disastri (incidenti aerei, attacchi terroristici e simili) e il fascino voyeuristico ispirato dai luoghi dove questi avvengono. Combinando video amatoriali e film di Hollywood, tra realtà e finzione, riesce a evocare l’impatto emotivo di tali avvenimenti.

Ellen Harvey produce elaborate forme di trompe-l’oeil, in cui le fotografie vengono dipinte e i dipinti vengono fotografati, e, giocando con i concetti di realtà, verità, estetica, convenzione, comunicazione e percezione, arriva alla realizzazione di un’“arte sull’arte”, la cui definizione è continuamente messa in dubbio, insieme al suo significato e valore.

Harald Hermann dipinge paesaggi onirici irreali. Grazie a un abile gioco di sovrapposizioni crea situazioni grottesche e rappresenta spazi assurdi, in cui figure e strutture architettoniche sembrano fluttuare e dove caotici frammenti di memoria si confondono nella multi-dimensionalità.

Per la costruzione delle sue installazioni, Jeroen Jacobs utilizza materiali industriali, ignorandone però funzioni e scopi originali, per suggerire una personalizzazione dello spazio da parte dello spettatore. Nelle sue più recenti sculture, ottenute da colate di cemento su piani inclinati, lascia che intenzione e casualità interagiscano nel creare sorprendenti forme e superfici.

Markus Keibel usa per le sue installazioni la fotografia, il linguaggio e gli oggetti quotidiani. Il suo lavoro pone un interrogativo: come possiamo parlare dell’umanità e dell’essere umano in modo concreto? La principale fonte d’ispirazione per le sue opere – che realizza con un linguaggio discreto e peculiare – sono le relazioni, la comunicazione tra gli individui e i temi sociali.

Le opere dell’americano Chris Larson, combinando mitologia, magia, musica gospel e neurologia, creano un’atmosfera di nero romanticismo, pregna di riferimenti alla storia dell’arte, alla religione, alle fiabe e non priva di allusioni sessuali. Oltre ai video, Larson realizza grandi costruzioni che si iscrivono nello spazio espositivo o creano connessioni tra interno ed esterno.

Lucas Lenglet si è occupato spesso dei temi dell’aggressione e della violenza formalizzata. Ora il suo interesse si è polarizzato sui concetti di protezione e sicurezza. Di cosa abbiamo bisogno per sentirci al sicuro? Cercando di rispondere a questa domanda, l’artista costruisce strumenti architettonici che trasformano lo spazio reale in uno spazio ideale.

Jürgen Mayer H.
 lavora tra architettura, comunicazione e nuove tecnologie. Progetta interfaccia reattive, che rivelano le informazioni che contengono solo quando lo spettatore interagisce con esse. L’arte diventa così una piattaforma operativa per studiare il rapporto tra corpo umano, tecnologia e spazi architettonici.

I lavori di Piotr Nathan sono disegni, dipinti, sculture, multipli, libri d’artista e installazioni che trattano della “ricchezza di ciò che non può essere raggiunto, la bellezza dell’assenza e il potenziale di ciò che è indicato simbolicamente” (Bernhart Schwenk) e narrano della nascita della modernità, soprattutto nell’ambito dell’Illuminismo prussiano, quando, grazie a nuovi strumenti di osservazione quali telescopi e microscopi, fu possibile avere punti di vista alternativi sul mondo.

Warren Neidich
 studia attraverso fotografia, cinema e nuovi media come filosofia, architettura e design interagiscono con nuove idee sul divenire percettivo, come il neuroplasticismo e il neurodarwinismo, per fornire mezzi inediti di produzione e distribuzione di informazioni.

Giada Pucci interviene in uno spazio di passaggio, raramente oggetto di attenzione, ma di uso abituale: ne altera quasi impercettibilmente la struttura, isola alcuni elementi architettonici, che vengono sottolineati e moltiplicati fino a diventare ostacoli. Introducendo un disturbo percettivo minimo, crea un disorientamento dovuto alla perdita della funzione originaria del luogo.

I collage di Jenny Rosemeyer sono montaggi di fotografie e riproduzioni di oggetti fatti dall’artista stessa, assemblati su più piani,  in scale e proporzioni diverse, che compongono un linguaggio figurativo stratificato,  molto denso e mutevole.

L’ultimo video di Susanne Weirich, “Silent Playground”, esplora il genere del videogame attraverso l’estetica cinematografica, simulando l’esperienza di uno spazio virtuale, in cui lo spettatore deve muoversi e prendere decisioni in situazioni simili a quelle di un gioco, assumendosi quindi la responsabilità delle sue azioni. Lo spazio espositivo diventa uno scenario da PlayStation e il visitatore diventa parte del gioco.